Mario Miegge

Aosta 1932 - Ferrara 2014

Vita e opere

 

Nato ad Aosta nel 1932, Mario Miegge si è laureato a Roma in Filosofia con Ugo Spirito e ha collaborato in seguito alla sua “Storia antologica dei problemi filosofici” con la pubblicazione del terzo volume intitolato Religione edito da Sansoni nel 1965. Dopo aver insegnato al liceo classico di Avezzano (AQ) e all’Università di Urbino, egli si è trasferito a Ferrara, città in cui ha vissuto sino alla morte e nella quale è stato uno dei fondatori della Facoltà di Magistero, trasformata poi in Facoltà di Lettere e Filosofia. Divenuto ordinario nel 1971, Miegge ha tenuto presso l’Università degli Studi di Ferrara corsi di Filosofia teoretica e di Filosofia della religione. La sua attività nella ricerca accademica e nella didattica della filosofia è stata sempre svolta unitamente all’impegno politico-sindacale a favore della democrazia e della giustizia sociale: negli anni Sessanta ha partecipato alla  redazione dei Quaderni rossi, fondati  da Raniero Panzieri; nel decennio successivo ha collaborato con la CGIL alla realizzazione dei corsi delle “150 ore” rivolti agli studenti lavoratori e, in seguito, è stato consigliere comunale (eletto come indipendente nelle liste del  PCI) e tra i fondatore di un’associazione denominata “Il pane e le rose”, impegnata ad aprire, tra le istituzioni e le associazioni del territorio ferrarese, nuovi canali di discussione e di confronto per affrontare l’emergenza del presente e per progettare un futuro comune. La dimensione intersoggettiva non è stata soltanto un aspetto fondamentale dell’esistenza di Mario Miegge, ma ha costituito anche lo snodo centrale della sua riflessione filosofica, la cui espressione forse più completa e matura ha preso corpo in Che cos’è la coscienza storica? (Feltrinelli, Milano 2004), libro dedicato a comprendere le diverse modalità attraverso cui l’“essere con altri” si è concretizzato nel tempo della storia umana e ha preso forma nella relazione tra passato, presente e futuro. Nutrito dal dialogo con i filosofi novecenteschi dell’intersoggettività, Paul Ricoeur e Hannah Arendt in primis, il pensiero di Miegge sull’”essere con” trova, altresì, il suo radicamento più profondo nella teologia protestante che è stata per lui linfa vitale nel dare forma e consistenza all’elaborazione filosofica. Figlio del teologo Giovanni Miegge (noto esponente italiano della teologia dialettica) e come lui membro della Chiesa Evangelica Valdese, Mario Miegge ha contribuito, con i suoi importanti studi sull’etica calvinista, all’approfondimento storico-filosofico del movimento della Riforma a cui ha dedicato alcuni dei suoi più importanti libri: Martin Lutero: 1483-1545. La Riforma protestante e la nascita delle società moderne (Editori Riuniti, Roma 1983), Il sogno del re di Babilonia. Profezia e storia da Thomas Müntzer a Isaac Newton (Feltrinelli, Milano 1995), Capitalismo e modernità. Una lettura protestante (Claudiana, Torino 2005), Vocazione e lavoro (Claudiana, Torino 2010). Molto legato alla sua Chiesa, Miegge ha trascorso lunghi periodi dell’esistenza nelle Valli valdesi, a Massello in particolare, e come protestante si è adoperato, per un costante dialogo tra le religioni; impegno che ha preso consistenza nella sua militanza in “Agape”, centro ecumenico che sorge all’interno di una delle valli valdesi del Piemonte, il cui obiettivo è di favorire l’incontro fra credenti di diverse fedi e tra atei, agnostici e credenti, in un dialogo in cui ognuno/a sia disponibile a lasciar cadere la presunzione di sapere e di possedere la verità.

 

Il pensiero filosofico-religioso

 

Mario Miegge è stato uno dei pochi studiosi italiani che con il suo pensiero e con la sua azione culturale ha contribuito a suscitare nel nostro Paese l’interesse verso la Riforma e il protestantesimo in generale. In antitesi all’idea propria ad esempio a Gentile e diffusa ancora oggi che la Riforma sia andata incontro ad un processo di dissolvimento causato dall’avvento di una cultura laica e immanentistica, egli ha messo invece in rapporto la genesi stessa della modernità e suoi successivi sviluppi con il cammino a cui è andata incontro la Riforma, da Lutero alle rivoluzioni calviniste del Cinquecento e del Seicento. In questo percorso Miegge ha trovato un terreno di confronto obbligato con il pensiero di Max Weber del quale, mentre da un lato ha condiviso la tesi sulla centralità che la Riforma ha avuto nella strutturazione del mondo moderno, dall’altro ha messo in questione il legame troppo stretto istituito tra la Riforma protestante e la genesi del capitalismo, tra la sfera religiosa e quella economica. Mario Miegge è stato educato infatti nel clima culturale e morale di una generazione di intellettuali evangelici e antifascisti che aveva rinvenuto nei principi della religione riformata le linee guida attraverso le quali definire l’impegno a favore della democrazia e della libertà di pensiero. L’orientamento politico radicalmente democratico e antiautoritario esperito nell’ambito della comunità valdese in cui egli è cresciuto è entrato però ben presto in contraddizione con le interpretazioni filosofiche e sociologiche della Riforma protestante con cui Miegge ha dovuto fare i conti negli anni dell’università: in particolare quella contenuta nel saggio weberiano del 1905 L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, in cui l’etica della religione protestante è stata ricondotta allo spirito del capitalismo, cioè all’attività indefessa e ben regolata, idonea alla conduzione razionale dell’impresa economica. Si trattava, per Miegge, di un’interpretazione che, appiattendo le valenze secolari della religione sulla sola dimensione economica, escludeva ed ignorava l’impegno politico che egli stesso aveva esperito nel milieu valdese in cui era cresciuto. Coerentemente con questa esperienza, egli è andato alla ricerca entro le vicende e gli scritti prodotti dal movimento della Riforma dei segni che davano testimonianza della presenza di una dimensione intersoggettiva in grado di coniugare l’autonomia morale e la capacità di agire collettivo, l’esperienza privata/esistenziale e quella sociale e pubblica.

Tale approccio è già presente negli scritti degli anni Sessanta: nei saggi del 1966 Etica protestante e spirito del capitalismo e del 1968 Etica protestante e capitalismo nell’interpretazione di M. Weber e, soprattutto, nella più densa monografia del 1969 I talenti messi a profitto. L’interpretazione della parabola dei denari affidata ai servi, dalla Chiesa antica a Calvino (Argalia, Urbino) in cui Miegge legge l’esegesi calviniana come uno strumento di nobilitazione del lavoro ‒ considerato come il mezzo attraverso cui si realizza la vocazione religiosa ‒ e di delimitazione dell’economia entro regole compatibili con il bene comune. Negli anni Ottanta gli studi di Miegge sulla complessa interazione tra motivazioni religiose e condotte economiche hanno spostato il baricentro della riflessione dalla Riforma del XVI al puritanesimo del XVII e sono sfociati nella pubblicazione di Vocazione e lavoro (Bovolenta, Bologna 1985). Si tratta di un libro ripubblicato in edizione ampliata nel 1989 e nel 2010 in cui anche il neoprotestantesimo inglese del Seicento viene letto a partire dalle stesse coordinate politiche utilizzate per interpretare il calvinismo delle origini e cioè come un movimento capace di portare alle sue estreme conseguenze le idee originarie della riforma che non si erano pienamente realizzate con i primi riformatori; un movimento nel quale non soltanto il lavoro è salito di rango entro la gerarchia delle attività umane, ma è diventato un soggetto eminentemente politico e di decisiva importanza nella realizzazione della democrazia e della giustizia sociale. Nel solco tracciato da questa traiettoria di pensiero, negli anni Novanta Mario Miegge dà alle stampe Il sogno del re di Babilonia. Profezia e storia da Thomas Müntzer a Isaac Newton (Feltrinelli, Milano 1995) in cui la Riforma viene considerata in relazione ad un altro tema che è stato fondamentale nel suo sviluppo: quello della profezia e del suo rapporto con la storia. Infatti, in questo libro, attraverso un’attenta analisi storico-ermeneutica, vengono ricostruiti i diversi percorsi che hanno preso l’avvio dalla Riforma e il filo conduttore che li ha uniti: la messa in questione della lettura tradizionale della profezia e le sue applicazioni millenaristiche ed eversive alla storia inglese del Seicento, caratterizzata dall’espansione dell’agire politico di gruppo, dalla libera prassi assembleare e dalla comunicazione pubblica.

L’impegno di Mario Miegge nel dare testimonianza dell’influenza che la cultura riformata ha avuto nella genesi e nello sviluppo della storia europea dell’epoca moderna è stato svolto attraverso il confronto con i più importanti studiosi che nel mondo si sono occupati di questo tema: non soltanto con il già menzionato Max Weber, ma anche con Perry Miller e Michael Walzer i quali, al pari di Miegge, hanno rimproverato a Weber di aver fissato lo sguardo soltanto sul capitalismo; con Christopher Hill, storico marxista il quale, nei suoi studi sulla rivoluzione inglese del Seicento, ha dimostrato il ruolo giocato dal fattore-religione nella mobilitazione rivoluzionaria; con Ernst Troelsch, che nella sua sociologia storica del cristianesimo ha interpretato la Riforma come un movimento che ha mondanizzato l’utopia del Regno, aprendo lo spazio al radicalismo politico e alla lotta per cambiamento dell’ordine socio-politico.

 

Sandra Rossetti

 


 

Bibilio-sitografia

 

Opere principali

  • Religione, Firenze 1965 (è il terzo volume della collana “Storia Antologica dei Problemi filosofici”, diretta da Ugo Spirito).
  • Etica protestante e spirito del capitalismo, in “De Homine”, XIX/XX, 1966, pp. 73-92.
  • Etica protestante e capitalismo nell’interpretazione di M. Weber, in L’etica protestante, Torino 1968, pp. 29-36.
  • I talenti messi a profitto. L’interpretazione della parabola dei denari affidati ai servi, dalla Chiesa antica a Calvino, Urbino 1969.
  • Il protestante nella storia, Torino 1970.
  • Martin Lutero: 1483-1545. La Riforma protestante e la nascita delle società moderne, Roma 1983 e 1987; nuova edizione ampliata, Torino 2013.
  • Vocazione e lavoro. Due trattati puritani, Ferrara 1985.
  • Vocation et travail: essai sur l’ethique puritaine, Genève 1989 (edizione francese ampliata con due nuovi capitoli).
  • Il sogno del re di Babilonia. Profezia e storia da Thomas Müntzer a Isaac Newton, Milano 1995.
  • Che cos’è la coscienza storica?, Milano 2004.
  • Capitalismo e modernità. Una lettura protestante, Torino 2005.
  • Vocazione e lavoro, Torino 2010 (edizione italiana formulata sulla scorta di quella francese del 1989 integrata con un nuovo capitolo conclusivo).

Scritti sull'autore e il suo pensiero religioso

  • P. Zanardi (a cura di), Coscienza storica e impegno civile. Saggi in onore di Mario Miegge, Mimesis, Milano-Udine 2016 (con saggi di: E. Campi, P. Stefani, G. Garfagnini, D. Garrone, V. Pace, D. Spini, G. Sansonetti, S. Rossetti).